sabato 2 aprile 2011

Storia d'immigrazione

Enaiatollah Akbari, afghano: la sua storia è conservata in 155 pagine dense di paura di essere rimpatriati, picchiati, uccisi, di perdere i propri cari e di una forte speranza di pace e sicurezza.
Fabio Geda, italiano: colui che ha messo per iscritto questa lunga serie di emozioni.
Enaiatollah non sa quando è nato. Oggi ha più o meno 22 anni e lo stato italiano ha deciso di festeggiare il suo compleanno il primo settembre. Ha una vita normale, come tutti noi, di questa classe, ma, a differenza nostra, lui ha capito davvero cosa vuol dire voler vivere. E' partito con la madre dall'Afghanistan la quale, per il suo bene, per evitare i pericoli e la morte che c'erano nel suo paese, Nava, si è vista costretta ad abbandonarlo in una città del Pakistan, Quetta. Lì il piccolo Enaiatollah, piccolo in tutti i sensi, sia di età che di corporatura, ha cominciato a lavorare. Da quel giorno, finché non è arrivato in Italia, non ha praticamente mai smesso. Dal Pakistan è fuggito in Iran, dove ha lavorato in alcuni cantieri. Dall'Iran è poi partito per la Turchia, nella speranza di sfuggire alla paura di essere picchiato e rimpatriato, come gli era spesso successo in Iran. Infine, dalla Turchia a Mitilene, in gommone, con altri ragazzi più piccoli di lui, dei quali lui era l'unico a saper stare a galla in acqua. Nessuno di loro sapeva remare. A Mitilene, divisosi dal gruppo, ha incontrato una signora che lo ha aiutato sfamandolo, lasciando che si lavasse, dandogli dei vestiti (era infatti arrivato con indosso solo delle mutande, dato che gli indumenti li aveva persi durante la traversata dalla Turchia a Mitilene) e 50 euro con i quali ha potuto pagare il traghetto per Atene. Da Corinto poi è riuscito ad arrivare a Venezia dentro un container sopra una nave. Qui in Italia ha infine trovato una residenza fissa e, avendo ottenuto il permesso di soggiorno, è riuscito, dopo 8 anni che non aveva notizie della famiglia, a telefonare alla madre e a farle sapere che era vivo e in un posto sicuro.
Con tutto questo voglio ricordare che non tutti nascono in paesi agiati come il nostro; che gli immigrati non vengono qui per fare un dispetto agli Italiani e rubargli il lavoro; che c'è chi, come Enaiatollah, non ha avuto scelta, ed è dovuto venire qui per sfuggire alla guerra, alla morte, alla sofferenza, ma che non aveva nessuna voglia di lasciare la propria terra d'origine e la famiglia per essere accolto da noi. Ovviamente non possiamo ospitarli tutti, ma possiamo agevolarli ed aiutarli a raggiungere l'Europa. Non è una cosa impossibile, e se si pensa che molte persone non hanno avuto la fortuna di Enaiatollah, che è vivo e vegeto e non mutilato, ma sono morti nel tentativo di raggiungerci, in condizioni orribili, oppure hanno perso parti del corpo sempre nel tentativo di iniziare una vita migliore. Aiutiamoli, non verrebbero qui se non ne avessero bisogno! Chi lascerebbe la propria terra natia, la famiglia e tutto ciò che ha pur essendo felice dove si trova per venire a "rubare il lavoro" a noi?

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