sabato 19 marzo 2011

“Perché noi crediamo nei giovani, perché hanno meno paura, perché alzano il culo, perché vogliono mangiarsi il mondo. Gli devi dare occasioni, ai giovani”; è con questa risposta che i nuovi capi mafiosi giustificano la volontà di investire sui giovani. Ciò che ci scandalizza non sta nel fatto che la criminalità comprenda il reale valore e la forza dei giovani, ma, se caliamo quest'affermazione nella realtà italiana con la quale i giovani si confrontano, oggi è inevitabile chiedersi come è possibile che tanta attenzione arrivi dalla mafia piuttosto che dallo Stato.Sempre minor opportunità lavorative, sempre più assenti le prospettive per il futuro, nessuno o pochi disposti a credere nelle capacità delle nuove generazioni e ad ascoltare disagi e paure che inevitabilmente oggi colpiscono qualsiasi giovane che abbia la volontà di realizzarsi.
E in tutto questo: quale posizioni assume lo Stato? Finora, come ha dimostrato di occuparsi dei nostri problemi e di allontanare quei timori che, in una generazione giovane in uno Stato democratico, non dovrebbero presentarsi?
Ecco che cosa ci scandalizza.
Perché devono essere le percentuali della richiesta di lavoro a decidere il nostro percorso di studi e non le nostre inclinazioni, le nostre passioni, i nostri interessi? É accettabile che un giovane oggi debba preoccuparsi di non avere le condizioni economiche necessarie per garantirsi un regolare percorso di studio nonostante le capacità? Di quale meritocrazia si può parlare se le condizioni di partenza di ciascun individuo sono diverse le une dalle altre? Questi sono gli interrogativi che si pongono milioni di giovani italiani, concetti di cui quotidianamente sentiamo parlare, che rischiano di stancare e di rientrare nella normalità. “Eh, ma si sa che è così, è sempre la stessa storia” è un frase ricorrente qualora un problema rientri a far parte dell'ordinario collettivo, conseguenza naturale, ma assai pericolosa in quanto allude ad uno stato di accettazione della questione. Il problema non viene più percepito nella sua totale gravità, ma anzi rientra nella normalità, con il rischio di una società passiva e incapace di riconoscere e, di conseguenza, di combattere i mali che la affliggono.
Adalgisa, Francisca, Giulia, Lara

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