sabato 16 aprile 2011

Stay Human

Stay Human. Restiamo umani.
Questa era la firma che Vik, pseudonimo di Vittorio Arrigoni, metteva alla fine di ogni post scritto per il suo blog, “Guerrilla radio”. Una firma, ma ancora di più un incoraggiamento, un esortazione, per se stesso, per i palestinesi, per il mondo. Restiamo umani di fronte all’arroganza israeliana, restiamo umani di fronte alle bombe sulla striscia di Gaza, restiamo umani di fronte alle sofferenze di un popolo che da più di 60 anni non ha più una patria, eterno esule sulla propria terra; perché ufficialmente, oggi la Palestina è un territorio talmente piccolo che un sasso tirato da una delle sue frontiere cade sulla frontiera opposta.
Tuttavia vi è un legame fortissimo tra i palestinesi e la terra, oggi ancora tragicamente divisi; i palestinesi però non si sono dimenticati della loro terra, come la terra non si è dimenticata dei contadini palestinesi che la aravano; entrambi aspettano solo il momento per potersi riunire.
Questo è un passo tratto dal libro Cristo con il fucile in spalla, del giornalista polacco Kapuscinski:
"Un milione di palestinesi ha dovuto abbandonare la propria patria. Nei pressi di Amman c’è un campo profughi in cui vivono cinquantamila palestinesi. (…)
Uno dei fedayin dice che per i palestinesi la terra è tutto. Sono diversi dai loro fratelli beduini che vagano per il deserto, dai fratelli di città attaccati alle loro botteghe e dai fellah delle oasi che lavorano la terra dei padroni. Ogni palestinese aveva il suo pezzo di terra, la sua casa e il suo orto: lì nasceva, lì lavorava e lì viveva. Ogni palestinese era un contadino libero, signore e padrone del suo terreno. <<Oggi non abbiamo più niente. Cioè: ce l’abbiamo e non ce l’abbiamo, dato che quella casa, quei campi e quell’orto esistono ancora e noi dovremo tornarci. Mio padre dice: ‘Ahmed, è tempo di seminare il grano, oggi è giornata buona per la semina’. E se ne resta tutto il giorno seduto davanti alla capanna del campo profughi perché non ha né il grano né il campo, che adesso sta al di là della frontiera>>.
Ecco ora un passaggio dei discorsi di Melibeo nella I Egloga de le Bucoliche di Virgilio:
(vv. 1-5) “Titiro, riposando all’ombra d’un ampio faggio, studi su un esile flauto una canzone silvestre; noi lasciamo le terre della patria e i dolci campi, fuggiamo la patria: tu, o Titiro, placido nell’ombra, fai risuonare le selve del nome della bella Amarilli.”
(vv. 64-73) “Noi invece di qui andremo tra gli Africani assetati, parte verremo alla Scizia e parte all’Oassi turbinoso d’argilla, e agli estremi Britanni esclusi da tutto il mondo. Giammai fra lungo tempo rivedendo la terra dei padri, e il tetto del povero tugurio elevato con zolle d’erba – era il mio regno – potrò ammirare le spighe? Un empio soldato possiederà maggesi così coltivati? Un barbaro queste messi? Ecco dove la discordia ha trascinato gli sventurati cittadini; per costoro seminavamo i campi.”
“Un empio soldato possiederà maggesi così coltivati?” “Per costoro seminavamo i campi.” Chissà quanti tra i palestinesi hanno citato Virgilio senza saperlo, per il semplice motivo di avere un destino uguale a quello del misero Melibeo.
Storie di profughi, storie di esuli. Poi c’è chi le vuole raccontare queste storie, e per questo viene brutalmente ammazzato. Vittorio Arrigoni si aggiunge alla lunga lista di giornalisti che per comunicare un messaggio, per raccontare una fatto, per sostenere un ideale hanno perso la vita. Lui, pacifista, che non credeva nei confini e nelle frontiere, che era partecipe delle sofferenze palestinesi ma che non credeva nella rivolta violenta, è stato ucciso. Vittorio non era un soldato, non era un fondamentalista islamico o un fedayin, era un giornalista. Morire non era il suo mestiere. Il suo mestiere era raccontare la guerra, non farla. Ma è morto, perché la sue idee, le sue parole, le sue azioni facevano paura.
Vittorio non è solamente un'altra vittima di fondamentalisti islamici. Vittorio è morto perché ha cercato di far luce su un problema che oggi è più che mai presente, anche se giriamo la testa: quello isrealo-palestinese. I palestinesi non hanno nulla in meno dei ribelli libici: sono vittime di una guerra, sono sottomessi da una potenza più grande di loro, sono profughi. Ma rispetto alla Libia ci sono in ballo interessi politici e militari maggiori, e soprattutto ci sono interessi economici minori. E la realtà ci insegna che la democrazia si esporta solo dove si può prendere qualcosa in cambio.
Nonostante tutto “bisogna restare umani”. Indignati sì, ma umani.
E allora, stay human.

Alessandro

sabato 2 aprile 2011

Qualche informazione sul nucleare...

Le fonti rinnovabili vanno sicuramente incoraggiate ma si dovrebbe tener presente che il fotovolatico e l'eolico hanno una disponibilità discontinua; il primo funziona 1500 ore l'anno, e il secondo 2200, ma in un anno, fino a prova contraria, ci sono 8760 ore. ne viene che l'approvigionamento energetico di un paese non può essere subordinato a variazioni climatiche.

per produrre la stessa quantità di energia di una centrale nucleare in un anno bisognerebbe installare 1500 ettari di Pannelli fotovoltaici, corrispondenti a 1 volta e mezzo il lago di Como e a 30.000 campi da calcio.

secondo poi le informazioni del British Petroleum statistical e del World energy outlook della International Energy agency queste sono le disponibilità delle fonti:
gas: ancora 60 anni circa
petrolio: 42 anni circa
carbone: 164 anni circa
uranio: dispponibile per 5,5 milioni di tonnellate, equivalenti a 100 anni di produzione. ci sono poi altre riserve disponibili, dette convenzionali, che sono stimate in base a conoscenze tecnico-ingegneristiche, con le quali si raggiungono circa 290 anni di produzione elettrica.
“Quando un uomo è motivato, nulla gli è impossibile. Gheddafi lo sta imparando”.
Questa frase riassume il principio che spinge molti abitanti di Ajdabiya a diventare comandanti di check-point, di campi di addestramento in cui ogni settimana passano centinaia di ragazzi che vengono “addestrati” alla guerra. Gente comune, come ingeneri informatici, ingegneri petroliferi, panettieri, che diventano soldati non tanto per coscienza del motivo per cui lo fanno ma più “perchè quando si è gente qualunque, i doveri si rispettano sempre”. Non hanno divisa, non hanno un'organizzazione compatta, ma combattono con jeans e foulard chiccosi, scarpe da ginnastica e ciabatte,fuggono con le loro famiglie che passano giornate intere in macchina nel deserto. È innegabile comunque che nonostante la situazione sia critica non manchi tra di loro la solidarietà, un eroe sconosciuto per esempio di nome Massud Bwiguiz fornisce alle famiglie in difficoltà scappate da Ajdabiya recapiti che conducono a chi può garantire loro un tetto e cibo.
Gli eroi che stanno combattendo oggi dunque non sono quelli che siamo abituati a vedere nella nostra immaginazione, ma gente comune che si è ritrovata al fronte.
Lara, Giulia, Adalgisa, Francisca

The Arcore's Nights


Anna, Eleonora e Beatrice

Storia d'immigrazione

Enaiatollah Akbari, afghano: la sua storia è conservata in 155 pagine dense di paura di essere rimpatriati, picchiati, uccisi, di perdere i propri cari e di una forte speranza di pace e sicurezza.
Fabio Geda, italiano: colui che ha messo per iscritto questa lunga serie di emozioni.
Enaiatollah non sa quando è nato. Oggi ha più o meno 22 anni e lo stato italiano ha deciso di festeggiare il suo compleanno il primo settembre. Ha una vita normale, come tutti noi, di questa classe, ma, a differenza nostra, lui ha capito davvero cosa vuol dire voler vivere. E' partito con la madre dall'Afghanistan la quale, per il suo bene, per evitare i pericoli e la morte che c'erano nel suo paese, Nava, si è vista costretta ad abbandonarlo in una città del Pakistan, Quetta. Lì il piccolo Enaiatollah, piccolo in tutti i sensi, sia di età che di corporatura, ha cominciato a lavorare. Da quel giorno, finché non è arrivato in Italia, non ha praticamente mai smesso. Dal Pakistan è fuggito in Iran, dove ha lavorato in alcuni cantieri. Dall'Iran è poi partito per la Turchia, nella speranza di sfuggire alla paura di essere picchiato e rimpatriato, come gli era spesso successo in Iran. Infine, dalla Turchia a Mitilene, in gommone, con altri ragazzi più piccoli di lui, dei quali lui era l'unico a saper stare a galla in acqua. Nessuno di loro sapeva remare. A Mitilene, divisosi dal gruppo, ha incontrato una signora che lo ha aiutato sfamandolo, lasciando che si lavasse, dandogli dei vestiti (era infatti arrivato con indosso solo delle mutande, dato che gli indumenti li aveva persi durante la traversata dalla Turchia a Mitilene) e 50 euro con i quali ha potuto pagare il traghetto per Atene. Da Corinto poi è riuscito ad arrivare a Venezia dentro un container sopra una nave. Qui in Italia ha infine trovato una residenza fissa e, avendo ottenuto il permesso di soggiorno, è riuscito, dopo 8 anni che non aveva notizie della famiglia, a telefonare alla madre e a farle sapere che era vivo e in un posto sicuro.
Con tutto questo voglio ricordare che non tutti nascono in paesi agiati come il nostro; che gli immigrati non vengono qui per fare un dispetto agli Italiani e rubargli il lavoro; che c'è chi, come Enaiatollah, non ha avuto scelta, ed è dovuto venire qui per sfuggire alla guerra, alla morte, alla sofferenza, ma che non aveva nessuna voglia di lasciare la propria terra d'origine e la famiglia per essere accolto da noi. Ovviamente non possiamo ospitarli tutti, ma possiamo agevolarli ed aiutarli a raggiungere l'Europa. Non è una cosa impossibile, e se si pensa che molte persone non hanno avuto la fortuna di Enaiatollah, che è vivo e vegeto e non mutilato, ma sono morti nel tentativo di raggiungerci, in condizioni orribili, oppure hanno perso parti del corpo sempre nel tentativo di iniziare una vita migliore. Aiutiamoli, non verrebbero qui se non ne avessero bisogno! Chi lascerebbe la propria terra natia, la famiglia e tutto ciò che ha pur essendo felice dove si trova per venire a "rubare il lavoro" a noi?

sabato 19 marzo 2011

Auguri cara Italia!

Ebbene... tutto è pronto per i festeggiamenti del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, molte città hanno già presentato un vasto programma di iniziative e mostre, fra le prime Torino, dove anche noi alunni della (stupenda) IIa classico ci recheremo in viaggio d'istruzione.
Ma è tutto veramente pronto? a voi le risposte.

Dialogo fra sordi...

Le recenti parole pronunciate dal nostro Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al congresso dei "Cristiano riformisti" tenutosi in data 26 febbraio 2011 hanno suscitato degli accesi dibattiti che hanno visto emergere posizioni diverse. La polemica è nata a partire da questa sua frase: "...poter liberamente educare i figli...e liberamente vuol dire di non essere costretto a iscriverli ad una scuola di stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quello che i genitori vogliono inculcare ai loro figli educandoli nell'ambito della loro famiglia".


Federico e Giulia:L'interpretazione negativa del discorso è principalmente dovuta al contesto non adatto in cui è stato pronunciato e al fatto che Berlusconi ne fosse l'artefice. Inoltre anche l'uso del termine inculcare non è propriamente felice, ma conoscendo il personaggio, se ne dovrebbe dare poco peso e discutere piuttosto sui contenuti che ne emergono.
Alessia: Il punto è che Berlusconi sta denigrando la scuola pubblica in favore di quella privata, quando il suo compito sarebbe incentivare una struttura che è importante per lo sviluppo del paese. Troppo semplice sarebbe sbrigarsela affermando che il suo discorso è parte integrante del personaggio poiché il ruolo a cui egli è stato preposto implica che abbia il dovere di occuparsene nel modo più adeguato seguendo la volontà popolare.
Federico: una cosa su cui poco si riflette è che in Italia non vi è piena libertà di scelta in ambito educativo. Infatti attualmente un decimo della popolazione scolastica nazionale è iscritto alle scuole non statali. Ma potrebbe esserci una percentuale più alta, in quanto non tutte le famiglie dispongono dei soldi necessari per un'istruzione che sia diversa da quella che viene erogata dalla scuola statale. Questo dimostra che ci sono delle famiglie che vedono violato il diritto sancito dall'articolo 30 della Costituzione.
Giulia: ogni genitore è comunque libero di scegliere il tipo di scuola in cui mandare il proprio figlio, anche se è vero che l'insegnamento di un professore con determinate idee produce un effetto diverso sugli alunni, rispetto a quello che potrebbe produrre un insegnamento più “neutro”. Ma, visto che, più o meno, le idee dell'insegnante vengono trasmesse durante l'insegnamento è praticamente impossibile.
Federico: Le polemiche sono perlopiù faziose e dettate dall'appartenenza politica ad una determinata parte. È chiaro che la scuola pubblica fu ed è una conquista importante per la società, ma ciò non toglie che affiancata ad essa vi possa essere una scuola privata, laica o religiosa, che collabori all'educazione. Succede così ad esempio nella laicissima e centralizzata Francia, tanto per citare un vicino esempio, in cui si ha la piena libertà di scegliere dove educare i propri figli senza dover pagare delle rette che spesso e volentieri sono onerose e gravose. Al contrario in Italia, nonostante la scelta sia libera, i genitori sono chiamati a pagare, attraverso le ordinarie tasse, la scuola pubblica alle quali vengono aggiunte le rette della scuola privata che eventualmente si decide di frequentare.


La rivoluzione è donna

Donne manifestanti, donne rivoluzionarie, donne che vogliono la libertà! Sono loro che in Medio Oriente combattono contro i retaggi del proprio passato, in cui il ruolo femminile all'interno della società era sovrastato dalla figura maschile.
Oggi, in piazza Tahrir, in Egitto, sono le madri di famiglia assieme ai propri bambini che sostengono la protesta impegnandosi per la sicurezza, la comunicazione e l'assistenza; sono le studentesse delle università egiziane (rappresentanti di più della metà degli iscritti) che pubblicano articoli di giornale trainando l'evoluzione culturale che ha promosso la protesta. Una protesta che non si manifesta solo nelle piazze ma che è partita e si è diffusa soprattutto tramite i social-network, dando alle donne la possibilità di una leadership che porti avanti la causa della libertà e della giustizia.
E allora una riflessione ci sorge spontanea: in un paese in cui la figura della donna per anni è sempre stata sottomessa e subordinata, oggi, nel 2011, qualcosa sta cambiando. In Egitto così come in gran parte del Medio Oriente le donne si mettono in prima fila per difendere i propri diritti e il futuro dei propri figli. In Italia invece il gentil sesso combatte con le unghie e con i denti per conquistare visibilità in televisione, a volte utilizzando mezzi e strategie che lasciano il popolo italiano perplesso e inorridito. Sarà molto difficile che un social-network di enorme popolarità (come facebook) possa servire alle donne italiane per uno scopo diverso da quello inutile e superficiale che sono solite utilizzare.
Così come lo stereotipo sulle donne dei Paesi islamici è stato sfatato, sarebbe decisamente opportuno che in Italia non si venisse a creare quello della donna-oggetto; Napolitano lancia un appello a tutte quelle donne che cercano la realizzazione personale senza valorizzare nessuna qualità interiore. “A tutte le donne spetta, nella quotidianità della loro vita, il dovere di contrastare luoghi comuni, di esigere rispetto e considerazione (…)” “Ci vuole un'opera di rinnovamento morale.” E' ora dunque che le donne italiane si mettano anch'esse in prima fila facendo capire all'Italia, così come a tutte le autorità politiche, quali siano le loro potenzialità.




Monica, Marta, Fiammetta, Fidel

L'AZZARDO DEL NUCLEARE







La tragedia giapponese riporta il tema del nucleare al centro del dibattito politico. E mentre ci avviciniamo al referendum di giugno, gli italiani cominciano a parlarne. Criticamente. Ecco dieci buoni motivi per essere antinucleari.

1. Il nucleare è molto pericoloso
La tragedia di Cernobyl ha dimostrato la pericolosità di questa fonte di energia. Quell’incidente ha causato e causerà ancora nel futuro centinaia di migliaia di vittime e ancora oggi, a 23 anni di distanza, le ricerche scientifiche mostrano ancora impatti sia sulla flora che sulla fauna. Cresce l’evidenza di leucemie infantili nelle aree vicino alle centrali nucleari.

2. Il nucleare è la fonte di energia più sporca
Le centrali nucleari generano scorie radioattive. Le scorie a vita media rimangono radioattive da 200 a 300 anni, le scorie a vita lunga anche miliardi di anni e non esiste ancora un sistema per la gestione in sicurezza delle scorie nel lungo periodo.

3. Il nucleare è la fonte di energia che genera meno occupazione
Gli obiettivi europei per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica al 2020 valgono il triplo del piano nucleare di Enel in termini energetici e creerebbero almeno 200 mila nuovi posti di lavoro “verdi” e dunque 10-15 volte l’occupazione indotta dal nucleare.

4. Il nucleare è troppo costoso
Secondo il Dipartimento USA dell’energia un EPR costa, in euro, 7,5 miliardi, una cifra ben maggiore rispetto a quanto propagandato da Enel e governo (4,5 miliardi). Se poi teniamo conto dello smaltimento delle scorie e dello smantellamento e bonifica degli impianti nucleari, i costi per noi e le future generazioni saranno ancora più elevati.

5. Il nucleare non è necessario
Entro il 2020 le fonti rinnovabili, insieme a misure di efficienza energetica, sono in grado di produrre quasi 150 miliardi di kilowattora, circa tre volte l’obiettivo di Enel sul nucleare, tagliando drasticamente le emissioni di CO2.

6. Il nucleare è una falsa soluzione per il clima
Il nucleare è una scelta inutile ai fini climatici, visto che le centrali saranno pronte certamente dopo il 2020 e invece bisogna ridurre oggi le emissioni di gas serra. Investire sul nucleare sottrae risorse alle fonti davveropulite, efficienza energetica e rinnovabili.

7. Il nucleare non genera indipendenza energetica
Se il nucleare dovesse tornare in Italia, continueremo a importare petrolio per i trasporti e diventeremo dipendenti dall’estero per l’Uranio e per la tecnologia, visto che il nuovo reattore EPR è un brevetto francese. E, comunque, la Francia leader del nucleare ha consumi procapite di petrolio superiori a quelli italiani.

8. Il nucleare è una risorsa limitata
L’Uranio è una risorsa molto limitata destinata a esaurirsi in poche decine di anni. Nel caso venissero costruiti nuove centrali, l’esaurimento delle risorse di Uranio si accelererebbe.

9. Il nucleare non ha il sostegno dei cittadini
Gli italiani hanno detto NO al nucleare con un’importante scelta referendaria. Oggi i sondaggi di opinione rivelano che la maggior parte dei cittadini non vuole una centrale nucleare nella propria Regione.

10. Il nucleare: più è lontano e minori sono i rischi
Alcuni sostengono che il rischio nucleare c’è già, essendo l’Italia circondata da reattori. È una affermazione scorretta: anche se non è mai nullo, il rischio per le conseguenze di un incidente diminuisce maggiore è la distanza dalla centrale. Le Alpi, come si è visto nel caso di Cernobyl, sono una parziale barriera naturale per l’Italia.







Il Giappone rischia il disastro nucleare.
L'Italia il 12 e il 13 Giugno dovrà decidere se affidarsi al nucleare.
Noi, a questo proposito abbiamo deciso di postare i dieci motivi per cui il nucleare non è realizzabile in Italia, pubblicati dal "post viola".

RIFLETTETE


Agnese, Alessandro, Beatrice, Giulia.




Vogliamo davvero le centrali nucleari?

Dopo il disastro nucleare ancora in corso nella città di Fukushima in Giappone, causato da uno tsunami avvenuto l'11 marzo, ci ritroviamo a riflettere con più coscienza se sia necessario o meno e quanto sarebbe pericoloso avere delle centrali nucleari anche nel nostro paese.

Il referendum per decidere riguardo a questa questione si terrà nei giorni 15 e 16 giugno, nonostante un referendum fosse già stato indetto nel 1987 e avesse avuto esito negativo: è stato anche creato un forum che raccoglie le opinioni degli Italiani, anche se è evidente la tendenza pro-nucleare.

Questa propensione ad accettare l'uso del nucleare si nota anche nello spot pubblicitario messo in onda dal 25 febbraio: a differenza di una prima versione alla fine compare la frase “Noi siamo favorevoli. E tu?”.

Noi, che siamo indubbiamente contrariE al nucleare, riteniamo che questo tipo di persuasione del cittadino, sia vergognosa (per rispettare la netiquette e non dire altro).

Ma perchè questo tipo di energia va evitata?

  • La denominazione “prima”, “seconda” oppure “terza” generazione non ha alcun significato: chi di voi infatti sa quali sono le reali differenze tra questi tipi di reattori e riesce a leggere oltre i lunghi e noiosi (a volte incomprensibili) discorsi degli scienziati?


  • Il nucleare è DAVVERO sicuro? Non siamo disposte ad accettare una forma di energia che potrebbe compromettere il nostro futuro e quello delle generazioni future.

  • Dove costruiremo questi centrali? L'Italia è un paese ad alto rischio sismico, è un dato di fatto, ed è quasi totalmente abitata. A meno che non vogliate costruire una centrale in cima a una montagna, chi la vorrebbe accanto alla propria casa?


Esistono molte altre fonti di energia rinnovabili, più sicure, ma che non vengono prese in considerazione per la mancanza di informazioni e perchè economicamente non portano tanti vantaggi quanto il nucleare.

Si parla tanto di voglia di “indipendenza energetica” dagli stranieri, ma forse dovremmo imparare ad accettare il fatto che l'Italia non ha molte materie prime, eppure dispone enormemente di sole e vento.

Meglio la bancarotta dello stato o l'autodistruzione?

Pensateci, ne va del vostro futuro.

Federica, Maria Cristina, Tessa e Giulia


“Perché noi crediamo nei giovani, perché hanno meno paura, perché alzano il culo, perché vogliono mangiarsi il mondo. Gli devi dare occasioni, ai giovani”; è con questa risposta che i nuovi capi mafiosi giustificano la volontà di investire sui giovani. Ciò che ci scandalizza non sta nel fatto che la criminalità comprenda il reale valore e la forza dei giovani, ma, se caliamo quest'affermazione nella realtà italiana con la quale i giovani si confrontano, oggi è inevitabile chiedersi come è possibile che tanta attenzione arrivi dalla mafia piuttosto che dallo Stato.Sempre minor opportunità lavorative, sempre più assenti le prospettive per il futuro, nessuno o pochi disposti a credere nelle capacità delle nuove generazioni e ad ascoltare disagi e paure che inevitabilmente oggi colpiscono qualsiasi giovane che abbia la volontà di realizzarsi.
E in tutto questo: quale posizioni assume lo Stato? Finora, come ha dimostrato di occuparsi dei nostri problemi e di allontanare quei timori che, in una generazione giovane in uno Stato democratico, non dovrebbero presentarsi?
Ecco che cosa ci scandalizza.
Perché devono essere le percentuali della richiesta di lavoro a decidere il nostro percorso di studi e non le nostre inclinazioni, le nostre passioni, i nostri interessi? É accettabile che un giovane oggi debba preoccuparsi di non avere le condizioni economiche necessarie per garantirsi un regolare percorso di studio nonostante le capacità? Di quale meritocrazia si può parlare se le condizioni di partenza di ciascun individuo sono diverse le une dalle altre? Questi sono gli interrogativi che si pongono milioni di giovani italiani, concetti di cui quotidianamente sentiamo parlare, che rischiano di stancare e di rientrare nella normalità. “Eh, ma si sa che è così, è sempre la stessa storia” è un frase ricorrente qualora un problema rientri a far parte dell'ordinario collettivo, conseguenza naturale, ma assai pericolosa in quanto allude ad uno stato di accettazione della questione. Il problema non viene più percepito nella sua totale gravità, ma anzi rientra nella normalità, con il rischio di una società passiva e incapace di riconoscere e, di conseguenza, di combattere i mali che la affliggono.
Adalgisa, Francisca, Giulia, Lara

ESSERE UNA VOGLIA MASCHILE


Perché le donne si prestano così? Perché lasciano che gli uomini sfruttino i loro corpi? Dov'è finita la loro dignità? E' solo colpa di noi femmine o di una società che lascia credere che tutto ciò sia divertente? Certo, fa sbellicare dalle risate vedere una ragazza mezza nuda che ride per delle battute oscene, mentre il presentatore la stupra con gli occhi e il cameraman inquadra le sue "curve" più prorompenti! Siamo passate dall'essere totalmente ignorate, dall'essere ritenute quasi dei robot che pulivano la casa, badavano ai figli e partorivano bambini, all'essere considerate un semplice oggetto delle voglie maschili! E' meglio dunque essere schiave del lavoro domestico o dello sporco desiderio di maschi abituati a mostrare le parti più vergognose del loro carattere, vantandosene in pubblico? E' realmente una cosa di cui vantarsi? Quando le donne potranno essere rispettate per quello che sono e per quello che di buono possono portare al mondo? Dobbiamo ribellarci e dimostrare agli uomini quello che anche le donne sanno fare, perché dopo millenni di storia i maschi non hanno ancora capito che senza di noi non sarebbero nemmeno nati, e che se le loro madri non li avessero allattati, curati ed educati non sarebbero le "grandi persone" che ora dicono di essere! Devono ricordarsi che hanno avuto il 50% di possibilità di nascere femmine, e che se questo fosse successo non avrebbero avuto meno capacità intellettuali di quante ne avrebbero possedute se fossero state dei maschi! E il discorso vale anche per noi donne: non cerchiamo di dimostrare che il sesso femminile è migliore rispetto a quello maschile, ma tentiamo semplicemente di raggiungere la parità e smettiamola di compiangerci: dimostrare le proprie capacità nella vita pratica è meglio che parlarne soltanto in teoria!

Giulia Cason, Federica Pauletti, Maria Cristina Marin e Tessa Dalla Caneva

sabato 5 marzo 2011

17 marzo: Unità d'Italia (?)


il 17 marzo è festa per l'Italia intera? Per il Consiglio dei Ministri sì, ma c'è ancora qualcuno che non è d'accordo; ad esempio il presidente della Provincia Autonoma di Bolzano Luis Durnwalder.  L'altoatesino ha di recente affermato: 'il gruppo linguistico tedesco non ha nulla da festeggiare. Nel 1919 non ci è stato chiesto se volevamo fare parte dello Stato italiano e per questo non parteciperò ai festeggiamenti' e ancora: 'Noi abbiamo un'altra storia. Siamo una minoranza austriaca che vive in Italia e il 70% non ha nulla da festeggiare'. Queste dichiarazioni si sono trascinate dietro una valanga di polemiche, che hanno portato il presidente della Repubblica a scrivere una lettera in risposta a Durnwalder. È intervenuto allora il deputato Svp Karl Zeller: 'come possiamo festeggiare l'Unità d'Italia se siamo stati annessi contro la nostra volontà?'. Si spiega così l'opposizione assunta dal presidente della provincia autonoma di Bolzano, che non si ritiene appartenente allo Stato italiano, tanto da affermare: 'Io stimo l'Italia ma non amo i festeggiamenti. Viva L'Italia: io non lo dico'. Noi ci chiediamo: il pensiero di Durnwalder è soltanto una voce fuori dal coro?

 Agnese, Beatrice, Giulia, Alessandro.



Maestra di vita.

Vanda si ferma, ci guarda uno ad uno e le esce dal cuore una calda esortazione: “Giovani aderite ad un partito, esprimete i vostri ideali, rendetevi protagonisti e soggetti del vostro futuro e di quello della vostra città”.
Mercoledì 2 marzo in previsione della festa della donna abbiamo avuto l'onore di incontrare la dottoressa Vanda Milano, una delle prime donne laureate in medicina e primario di un ospedale in Italia, ma soprattutto l'unica donna eletta parlamentare Bellunese ancor oggi nella storia.
La dottoressa ha iniziato la conferenza con un excursus vitae, raccontando del suo passato sudato e difficile nel farsi accettare nella vita in quanto donna, non solo distante dai canoni di bellezza di quegli anni a mo di “Brigitte Bardò”, ma anche per le modeste condizioni economiche della famiglia.
Sin da giovane si dimostra molto determinata, concentrata nel perseguimento dei propri ideali e con una forte personalità.
Nasce così in lei uno spiccato interesse per la politica, tanto da iscriversi sin dalla tenera età al partito comunista Italiano, per poter dar voce alla propria insoddisfazione riguardo ad alcuni stereotipi e per esporre il proprio pensiero riguardo ad alcune tematiche di ordine sociale.

Silvia, Anna, Beatrice ed Eleonora.

sabato 12 febbraio 2011

Caramelle



Ultimamente in classe è stato proposto di portare un barattolo di caramelle per "addolcire" certe ore di lezione un po' amare.
Subito l'idea ha riscontrato un enorme successo; ne abbiamo mangiate così tante che abbiamo dovuto riempire più volte il barattolo nel giro di pochi giorni e alcune compagne hanno creato una mini coperta fatta con le carte delle caramelle da appendere al muro.
Diventeremo forse diabetici e obesi??
Lo scopriremo alla fine dell'anno........sempre se ci arriveremo!!!


Ragazzi dove andiamo quest'estate?? Ormai manca poco.. si accettano idee, noi intanto pensavamo a questo ;)

Hawaii

O.O

Ciao,
questo è il nostro animale preferito: il TARSiO.

Descrizione

Dimensioni

Misura circa 35 cm di lunghezza, di cui i due terzi sono occupati dalla lunga coda, per un peso complessivo di 120 g.

Aspetto

Il mantello è vellutato e di colore grigio. La coda è glabra e scagliosa, come quella dei ratti, ma presenta un ciuffo di peli scuri sulla punta.
Gli occhi sono enormi: la sola orbita oculare è di dimensioni maggiori dello stomaco e del cervello stesso. Questo perché, pur essendo un animale notturno, il tarsio manca del tapetum lucidum, una membrana riflettente posta sulla superficie interna dell'occhio. Gli occhi sono inoltre fissi nelle orbite: per ovviare a ciò, il tarsio può ruotare la sua testa di oltre 180°.
Le orecchie sono simili a cucchiaini e poggiano su corti manici tubolari.
Per quanto grandi, la testa ed il corpo assieme raggiungono a stento la metà della lunghezza delle zampe posteriori, che si dividono in coscia, stinco e mano, tutti assai allungati e di lunghezza più o meno uguale l'uno all'altro (la parola "tarsio" deriva dal tarso assai allungato). La tibia e la fibula di questi animali sono fuse assieme nella parte terminale, così da assorbire l'urto creato dall'impatto con una superficie mentre l'animale salta di ramo in ramo.
Le mani presentano dita assai allungate e terminanti con polpastrelli rigonfi, che permettono all'animale una presa sicura anche su superfici quasi lisce: i polpastrelli adesivi, tuttavia, sono meno evoluti rispetto a quelli di altre specie, come ad esempio Tarsius syrichta. L'indice ed il medio sono dotate di speciali artigli (mentre le altre dita presentano unghie simili a quelle umane) per l'attività di grooming.

Biologia

Si tratta di un animale dalle abitudini crepuscolari e notturne: di giorno riposa nel folto del fogliame in posizione verticale, mentre al tramonto si sveglia e comincia prima di tutto a nettarsi il pelo. Dopo aver fatto l'operazione di grooming, si avventura alla ricerca di prede fino al mattino.
Grazie alle lunghe zampe posteriori, può spiccare salti anche di 6 m: durante il salto, l'animale ruota prima le zampe anteriori e poi le posteriori, mentre la coda funge da bilanciere. Al suolo, l'animale si muove saltellando lateralmente con la coda tenuta in verticale, similmente ai sifaka malgasci.
Vive solitario od in piccoli gruppi familiari, ognuno dei quali possiede un proprio territorio che difende gelosamente qualora si rendesse necessario: tuttavia, gli scontri sono assai rari, in quanto i tarsi marcano più volte i confini dei propri territori con urina e secrezioni ghiandolari, in particolare il tarsio possiede una ghiandola epigastrica al livello del petto.
I vari componenti della coppia o del gruppo si tengono in contatto tramite vocalizzazioni: spesso il maschio e la femmina si esibiscono in veri e propri "duetti" dalla funzione di demarcazione territoriale.

Il tarsio nella cultura popolare

Nelle zone dove vive, il tarsio ha la funzione di animale totem: le tribù di cacciatori di teste Iban lo venerano in quanto convinte che questo animale abbia la testa staccata dal corpo, a causa della sua capacità di torcere il collo anche di 180°. Gli Iban sono convinti, inoltre, che sia tabù chiamare l'animale col suo nome, in quanto disturbandolo in tal modo si attira la sua ira sulla casa del trasgressore.

Le altre etnie di Sulawesi tengono questo animale in cattività per la sua indole gentile e la sua intelligenza: l'allevamento del tarsio può essere però molto problematico, in quanto necessita di cibo vivo per mantenersi ed in mancanza di questo muore in pochi giorni. Inoltre, se catturando un animale lo si separa dal suo compagno, è facile che ambedue si lascino morire d'inedia: ancora, il tarsio è un animale estremamente sensibile, ed il trauma della cattura può spaventarlo a tal punto da ridurlo alla pazzia portandolo a battere la testa contro una parete o le sbarre della gabbia.




agnese, bea, mero

la nostra cultura classica :D

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marta&giuliacason

Fantasia portami via e lascia la scia...

Le idee per questo post sono pari a zero, e quindi, non sapendo che cosa scrivere, vi proporremo il video di una canzone dei Rolling Stones, dedicata,oltre che a voi visitatori,anche al nostro caro amico Tarsio che quotidianamente ci "contempla" da una parete della nostra amata classe.
Parte di questo video potrebbe essere dedicata anche a... "veleno", un vaso riempito da caramelle che allieta le nostre dure mattinate scolastiche...
"Bene io concluderei perchè...." [cit. Monica] e di conseguenza concludiamo perchè davvero, alle ore 12.48 di sabato, chi può avere delle belle idee?!
Bye bye!

XOX
Monica and Ele.







Il 25 febbraio parteciperemo
alla manifestazione "Porte Aperte" all'Università di Padova. Si tratta di evento organizzato per le classi quarte del liceo dall'università di Padova presso il campus Agripolis. All'interno dell'ateneo saranno presentate le varie facoltà presenti nella città affinché noi ragazzi possiamo scegliere quella a cui iscriverci tra un anno.
Ciao a tutti, questo è il primo post del nostro blog 

Feltre con la neve
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